“Inclusione” è una parola buonista. Tutti fanno (vorrebbero fare) didattica inclusiva (e collaborativa, costruttivista, …). Noi, però, vorremmo porre a tutti gli insegnanti due riflessioni:
A. Sappiamo veramente quali sono gli obiettivi dell’inclusione? Li condividiamo tutti?
B. Sappiamo veramente dire se un’attività didattica è inclusiva? E se si, in che senso?
Domanda A:
Alcune tra le possibili risposte:
1) Fare in modo che tutti gli studenti partecipino attivamente alle stesse attività
2) Fare in modo che tutti gli studenti siano soddisfatti
3) Fare in modo che tutti gli studenti raggiungano le stesse competenze
4) Fare in modo che tutti gli studenti abbiano un ragionevole incremento di competenze
5) Fare in modo che tutti gli studenti sviluppino un atteggiamento e motivazioni opportune
6) Fare in modo che tutti gli studenti migliorino atteggiamento e motivazioni
7) ………
Le cose sono meno ovvie di quanto sembri a prima vista, perché vari fattori influenzano gli obiettivi dell’inclusione.
Domanda B
Alcune tra le possibili risposte (in funzione della risposta alla domanda A)
a) sì: per la maggior parte degli allievi
b) sì: per gli allievi in difficoltà
c) sì: per gli allievi più bravi
d) no, dipende dalla situazione
collegati a questo tema ci sono:
• il lavoro di gruppo: a quali condizioni può risultare inclusivo?
• le TIC: possono aiutare? In che modo e in quali situazioni?
Ci piacerebbe avere la vostra opinione, come insegnanti, educatori, genitori o semplici appassionati di didattica e nuove tecnologie.
Paolo Paolini
Coordinatore del DOL- Diploma Online del Politecnico di Milano (www.dol.polimi.it)
Coordinatore di L4ALL – Tutti possono imparare (www.learningforall.it)
5 commenti:
Carmen Valentino: "Un sacco di gente pensa che non abbiamo bisogno di alcun aiuto, ma in realtà siamo costantemente chiamati a reinventare il nostro lavoro ed estendere il nostro curriculum in aree sconosciute." Evan Glazer
Carmen Valentino: trovo interessante l'idea della didattica inclusiva fra mito o realtà. Si parla molto, se ne discute in convegni e si confrontono dati fra successi e insuccessi formativi. Sarò breve: anni di rulo, contesti differenti, aree geografiche interessanti, studio e continui aggiornamenti. Come chi nella scuola ci vive. Condivisioni di idee e strategie didattiche. Vengo al dunque. E le mie azioni didattiche? Più che di obiettivi, più o meno condivisi, inizierei a discutere di azioni didattiche, di una didattica in continua evoluzione, di una didattica attenta agli stili cognitivi. Lavoro in un liceo, l'unico rimasto in vita in Italia, al serale, grazie agli interventi della Provincia autonoma di Trento. Inclusione? Adesso vi dico: non esistono le bocciature , tesaurizzazione dei crediti formativi acquisiti, cooperative learning, iscrizioni aperte tutto l'anno, tutoraggio, sessioni di esami per chi ha difficoltà nella frequenza,... Una vera rivoluzione! Peccato che questa comunità di buone pratiche, per dirla con l'Alessandrini, non sia condivisa con nessun esempio in Italia.
Anna Tanimi. Didattica inclusiva: poco progress molto work. Intendo dire che per poter attivare didattica inclusiva, al di là dei titoli roboanti, è necessario essere in possesso di alcuni “elementi” essenziali e cioè: essere sostenitori “appassionati ed entusiasti”del proprio lavoro (in un’Italia costipata e “irrigidita” pochi comprendono il potere che fluisce tra le mani di un/una docente di scuola primaria. Se vi può aiutare leggete la fiaba danese “I vestiti nuovi dell’imperatore”, poi riflettete con una buona dose di umorismo), credere in ciò che si fa, avere una mente accogliente verso il soggetto portatore di B.E.S., studenti stranieri di recente immigrazione, studenti con D.S.A. (ma e purtroppo siamo anche chimica e, nonostante i buoni propositi e le dichiarazioni pubbliche, non sempre i “fili” si annodano), avvalersi consapevolmente di strumenti per poter affrontare un percorso didattico abilitante e/o compensativo e/o mirante ad una autonomia “possibile” ... . Saltati a piè pari i primi elementi , passo al dunque: avere in classe studenti con certificazione di DSA (dislessia, disortografia, discalculia) obbliga a ricercare modalità di insegnamento diverse. E allora per buona parte dell’anno scolastico, al fine di stimolare nella didattica il maggior numero di canali sensoriali, ho viaggiato con il mio portatile (in assenza della LIM avere un computer in aula aiuta a spendere fino in fondo i tempi disponibili) favorendo l’utilizzo di programmi specifici online , proiettando filmati, utilizzando software specifici, per il supporto allo studio e all’apprendimento in materie quali la matematica, geografia, scienze, dell’inglese. Come era ovvio presupporre, gli “abili” non sono stati a guardare ma hanno condiviso appieno le esperienze . L’approccio metodologico, corredato da semplici regole d’utilizzo e sotto la supervisione degli adulti, si è esteso anche in ambito domestico e ha di fatto “incluso” anche alcuni genitori.
Certo non ho risolto problematiche di natura neurobiologica, ho indicato a me stessa una via che ben si integra con le altre prassi quotidiane.
Domande per le/i colleghe/i: chi si è avvalso di FacilitOffice? In quali situazioni? Quali esiti?
Valentino Carmen Seminario Erickson: L'uso di libri e storie con la CAA
Comunicazione Aumentativa e Alternativa
Gli IN-book per l’intervento precoce e l’inclusione
Trento, venerdì 11 maggio 2012
Comunicato Stampa
Narcisa Busi pensavo di sapere qualcosa riguardo al tema ''inclusione', sia in didattica che in generale ... dopo gli spunti di riflessione del prof. Paolini direi che non esiste una risposta univoca, come lui stesso del resto ci ha sinceramente espresso ... oltre quello che i colleghi hanno già ben espresso vorrei solo segnalare un video esemplificativo di cosa dovrebbe... potrebbe (?) anche essere didattica inclusiva nella scuola, pur sapendo che ogni realtà è diversa da un'altra e che non in tutte le scuole sarebbe possibile applicare quando potete vedere qui: 'la mia scuola cosa mi dà? Il meglio di me!!!' http://www.youtube.com/watch?v=eLFo7Jzq90g
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