martedì 19 dicembre 2006

Milano, 16 dicembre 2006
Politecnico di Milano – Aula S01
Piazza Leonardo da Vinci 32


Giornata di studio

La tecnologia cooperativa: nuova frontiera per la didattica


Il tavolo dei relatori


Il 16 dicembre 2006 al Politecnico di Milano un centinaio di insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, provenienti da varie province lombarde e non, ha incontrato il Rettore del Politecnico di Milano, Prof. Giulio Ballio, il delegato del Rettore per la didattica del Politecnico Prof. Santomauro, e il Prof. Paolini, responsabile del Laboratorio Hoc e direttore scientifico del Diploma On Line, per una giornata di discussione e approfondimento sul tema delle nuove tecnologie per la didattica, in occasione della consegna dei diplomi ai partecipanti al Diploma Online per Esperti di didattica assistita dalle Nuove Tecnologie.


Dopo un intervento del Rettore che ha sottolineato l’importanza di costruire un ponte tra scuola e università, e di abolire la dicotomia tra cultura scientifica e cultura umanistica, poiché l’una ha bisogno dell’altra, il prof. Santomauro e il prof. Paolini hanno presentato una serie di iniziative del Politecnico mirate a questo scopo. E’ seguita una discussione con gli insegnanti sul problema dell’integrazione delle tecnologie per la didattica nelle scuole.
Segue un riassunto delle tematiche introdotte dal professor Paolini e dei principali interventi degli insegnanti presenti.

La società attuale ha adottato le tecnologie cooperative in massa, col risultato che le relazioni professionali e quelle personali stanno cambiando. Email, teleconferenze, chat-rooms e fenomeni come comunità virtuali in mondi 3D, Wikipedia e YouTube stanno coinvolgendo milioni di persone. Se la scuola continua a ignorarli, si allontanerà sempre più dalla società.
Il motivo per cui la scuola non adotta le tecnologie cooperative è che la struttura in cui è organizzata non lo permette.
Le aziende si sono internazionalizzate, si sono costituite in filiere, sono costantemente in contatto con fornitori e clienti, sanno che cosa succede all’esterno; al loro interno non sono più organizzate in rigide strutture gerarchiche, ma in reti di nuclei operativi che collaborano tra loro.
La scuola italiana invece ha sostanzialmente mantenuto il modello di fine Ottocento: è una serie di microcosmi chiusi, isolati, autonomi, che ignorano quanto succede all’esterno non solo dell’edificio scolastico, ma anche della singola classe. Non esistono filiere (il passaggio dalla scuola all’università è estremamente brusco), non esiste collaborazione con altre scuole, né internazionalizzazione (i curricula sono estremamente nazionali).
La scuola non cambia perché non ne sente la necessità; non cambia finché non è costretta da modifiche legislative, ma i cambiamenti in questo senso rischiano di sanare in colpevole ritardo situazioni ormai degenerate, come spesso accade con interventi imposti dall’alto.
Adottare le tecnologie cooperative senza modificare la struttura scolastica non riduce il carico di lavoro degli insegnanti, ma lo aumenta: è loro richiesto di fare tutto ciò che dovevano fare prima, e in più di usare le tecnologie – uno sforzo ulteriore che rarissimamente viene loro riconosciuto.
Nell’attuale organizzazione scolastica, insegnanti e studenti si incontrano faccia a faccia diverse ore al giorno, e questo aspetto va valorizzato per il valore aggiunto che può offrire: è inutile usare le tecnologie cooperative in questi contesti; però si può imparare a che cosa servono, e poi usarle da casa.
La scuola dovrebbe usare le ore di presenza solo per attività che hanno bisogno della cooperazione faccia a faccia, e delegare il resto alle tecnologie cooperative.
Le tecnologie cooperative funzionano se sono personali, sempre disponibili, come avviene per il cellulare ad esempio: posso mandare un messaggio nell’esatto momento in cui mi viene in mente che cosa scrivere. Il laboratorio informatico invece, da prenotare e usare solo in un’ora precisa della settimana, è l’esatto opposto.
La società cambia quando inizia ad adottare in massa una tecnologia. Nella scuola questo non succede spontaneamente, e dotare tutti gli insegnanti e gli studenti di tecnologie avanzate è troppo costoso e rischioso.
Le tecnologie cooperative impongono esigenze organizzative pesanti per le scuole, soprattutto se si intende lavorare in un’ottica internazionale, dovendo coordinare gli sforzi con sistemi scolastici molto differenti.
Le tecnologie stanno diventando sempre più pervasive: domani la società sarà impensabile senza di esse. Che cosa succederà alle scuole? Negli USA già il 20% dei genitori (in gran parte di ceto sociale medio-alto) non manda più i figli a scuola, preferendo l’home-schooling.
In questo senso si evidenzia come non basti dotare la scuola di tecnologie: occorre integrarle in un progetto, fornire una motivazione per usarle e delle basi formative ai docenti che hanno poi il ruolo di guida all’interno delle classi.
La tecnologia, come le lingue straniere, non deve essere una materia a sé stante, ma un’abilità di supporto a tutte le altre materie. Invece dell’ora di tecnologia, si dovrebbe fare l’ora di matematica col computer. Invece dell’ora di inglese, la lezione di letteratura su Harry Potter (magari discutendo online con studenti stranieri).
Alcuni esperimenti oggi sono già possibili. Per esempio un insegnante di storia esperto di uno specifico argomento potrebbe tenere una “classe virtuale” su quell’argomento a livello nazionale; uno studente di un’altra scuola potrebbe seguire questo approfondimento online, ovviamente a patto che gli venga riconosciuto dalla propria scuola.
Per fornire il proprio contributo al miglioramento del sistema-scuola, e per fronteggiare le problematiche sopra evidenziate, il Politecnico di Milano ed il Laboratorio HOC nello specifico, con l’aiuto di una vivace comunità di insegnanti interessati ad approfondire questi temi e a proporre idee e esprimere esigenze, ha offerto e continuerà ad offrire attività innovative ed iniziative sperimentali nell’ambito delle tecnologie per la didattica.

Le foto della giornata sono disponibili sul sito: www.dol.polimi.it

3 commenti:

Unknown ha detto...

L'intervento del prof. Paolini è stato molto interessante ed ha stimolato un dibattito che non ha potuto continuare in considerazione dell'ora e del giorno.
Io avrei voluto chiedere un chiarimento sulla differenza tra strumenti cooperativi e apprendimento cooperativo. A prima vista non mi sembra automatico che gli strumenti cooperativi favoriscano un metodo di apprendimento cooperativo. Il personal computer, proprio perchè personal, mi pare favorisca maggiormente il paradigma dell'individualismo e/o della personalizzazione. Vorrei precisare che ai termini cooperazione e individualismo non interessa da questo punto di vista attribuire alcun giudizio di valore (negativo o positivo).
Mi permetto di segnalare,inoltre, perchè, forse non è conosciuta da tutti, un'esperienza tipo secondlife per le scuole: www.scuola3d.it promossa dall'Istituto Pedagogico di Bolzano.
Fabio Della Bordella

Staff DOL ha detto...

Ringrazio il prof. Della Bordella per il suo acuto intervento e per il link suggerito, un’esperienza davvero interessante (se qualcuno avesse avuto l’occasione di partecipare a scuola3d ce la racconti per favore!)

Effettivamente avere a disposizione strumenti cooperativi NON garantisce automaticamente un apprendimento cooperativo. Usare un forum elettronico per comunicare tra compagni di classe, per esempio, non ha molto senso: tanto vale comunicare a voce. Se invece lo si usa per mettersi in contatto con persone o istituzioni altrimenti difficilmente accessibili (come coetanei che parlano un’altra lingua, o musei, o esperti di livello accademico), e si organizza l’attività cooperativa con obiettivi e compiti precisi, in modo tale che i ragazzi siano motivati e possano effettivamente avvantaggiarsi di queste risorse, allora le tecnologie cooperative possono effettivamente offrire grandi opportunità di arricchimento, aprire nuovi orizzonti, dare accesso a materiali, ambienti e persone altrimenti irraggiungibili.

Il “personal” computer è effettivamente progettato per essere usato da una persona alla volta, ma lo stesso è vero per il telefono cellulare: eppure la capacità del telefono di connettere le persone, permettendo anche la collaborazione a distanza, è sotto gli occhi di tutti. La personalizzazione, la riflessione individuale, il lavoro personale, sono stimolati e arricchiti dal confronto con altri.

La sfida, quindi, è capire come usare le tecnologie cooperative per potenziare l’apprendimento.

Idee?

Caterina Poggi - Staff Poliscuola

Anonimo ha detto...

In primo luogo un caro saluto a tutti voi. Arrivo con il mio contributo un po’ in ritardo perché sto proprio lavorando su un tema che viene al caso: "El uso de los foros virtuales como herramientas de aprendizaje de español lengua extranjera". In occasione di questo studio ho letto, riflettuto molto e scritto di alcune questioni che concernono l’apprendimento, ad esempio delle lingue straniere, supportato dalle tecnologie cooperative, in particolare dai forum virtuali. Cercherò di riassumere le mie idee sul perché può essere utile adoperare queste tecnologie, oltre al fatto di avvicinare i nostri contesti d’insegnamento alla realtà sociale con cui ci confrontiamo.
Tutti noi insegnanti adottiamo un modello, o un mix di modelli d’insegnamento: le tecnologie possono mettere in rilievo o supportare aspetti degli stessi o viceversa, fornire occasioni per esperimentare ‘modi d’insegnare’ che non costituiscono la nostra pratica diaria, o nemmeno occasionale. Per quanto riguarda le tecnologie cooperative affermerei che, se partiamo dal concetto che l’interazione e la delocalizzazione sono aspetti che caratterizzano questi mezzi, analizziamo tramite esse come possono incidere sui nostri gruppi di studenti.
Dal punto di vista interazionista osserviamo (da tre anni ho creato un foro con i miei studenti per comunicare in lingua spagnola) che queste tecnologie supportano presupposti teorici del tipo:
- un’impostazione comunicativa dell’insegnamento (importantissimo nelle lingue straniere)
- un apprendimento costruttivo sociale (scambio di saperi /competenze , ristrutturazione delle conoscenze, aiuto dai più esperti…) e significativo
- un apprendimento cooperativo (il risultato del lavoro di gruppo offre qualcosa in più di quello che risulta dalla somma del lavoro dei loro componenti).

Dal punto di vista della delocalizzazione non possiamo dimenticare che l’aspetto asintopico e asincrono di queste tecnologie porta alla creazione di una vera comunità d’apprendimento, in modo tale che mitigano gli inconvenienti di una formazione a distanza. Tuttavia, a mio modo di vedere, e in questo dissento parzialmente con Caterina Poggi, i benefici della creazione di una comunità virtuale tramite, ad esempio, un foro elettronico, aiuta anche alla formazione in presenza. Ad esempio, un foro presuppone l’integrazione degli utenti in una comunità d’apprendimento: nel mio caso, praticando la lingua spagnola e rafforzando, al contempo, i legami già istaurati a livello presenziale tra gli apprendenti o aprendo nuove relazioni. Il senso d’appartenenza ad un gruppo che lavora in armonia, abbinato all’apertura mentale e comportamentale, aiuta al processo d’apprendimento. La comunità in presenza e la comunità virtuale si rafforzano reciprocamente senza essere necessariamente coincidenti in quanto a partecipanti, rapporti che si stabiliscono, dinamiche che si scatenano, ecc. L’anonimato può essere un aiuto per gli studenti più riservati o timidi. La presenza di ‘esperti’ tra i nostri studenti può favorire la progressione di altri meno capacitati nelle attività cooperative che proponiamo. Questo a tutti i livelli d’insegnamento dove la frequenza alle lezioni è obbligatoria. Nel caso in cui non risulta obbligatoria, lo scambio permette anche l’integrazione di soggetti che, temporalmente o permanentemente, non possono accedere alla comunità d’apprendimento in presenza. Ad esempio, un foro può servire per esperienze d’interscambio tra gruppi d’alunni diversi o centri diversi, ma anche per coesionare un gruppo dei nostri studenti (un’attività orale che si svilupperà dopo in classe; per condividere produzioni scritte e commentarle, poiché la scrittura è un atto sociale, per porre delle domande, per valutare un’attività, ecc.). In qualunque caso, e con questo rispondo a Fabio della Bordella, sarà fondamentale il disegno delle attività che si intendono realizzare e conoscere il mezzo che le supporta. Il tutto eseguendo, nel caso del foro, una buona moderazione e, nel caso delle altre tecnologie cooperative, svolgendo le mansioni che vengono richieste o che vogliamo ci siano. Sappiamo che le tecnologie cooperative non sono l’interazione di uomini con macchine bensì l’interazione di persone tramite macchine, con attenzione però a che queste relazioni non sostituiscano quelle fisiche (ad esempio benvenuto l’incontro DOL per la consegna dei diplomi e la possibilità di seguire le videoconferenze in presenza o meno).Sempre a noi la scelta. Esiste l'umanità della realtà virtuale. Le tecnologie cooperative, se ben usate, sono un paradigma della collaborazione mai dell’isolamento.
Grazie a Fabio e a Cinzia per spingermi ad un’ulteriore riflessione. Grazie a chi ha avuto l’interesse e la pazienza di leggermi!!!
M.Amparo