Politecnico di Milano – Aula S01
Piazza Leonardo da Vinci 32
Giornata di studio
La tecnologia cooperativa: nuova frontiera per la didattica
Il 16 dicembre 2006 al Politecnico di Milano un centinaio di insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, provenienti da varie province lombarde e non, ha incontrato il Rettore del Politecnico di Milano, Prof. Giulio Ballio, il delegato del Rettore per la didattica del Politecnico Prof. Santomauro, e il Prof. Paolini, responsabile del Laboratorio Hoc e direttore scientifico del Diploma On Line, per una giornata di discussione e approfondimento sul tema delle nuove tecnologie per la didattica, in occasione della consegna dei diplomi ai partecipanti al Diploma Online per Esperti di didattica assistita dalle Nuove Tecnologie.
Dopo un intervento del Rettore che ha sottolineato l’importanza di costruire un ponte tra scuola e università, e di abolire la dicotomia tra cultura scientifica e cultura umanistica, poiché l’una ha bisogno dell’altra, il prof. Santomauro e il prof. Paolini hanno presentato una serie di iniziative del Politecnico mirate a questo scopo. E’ seguita una discussione con gli insegnanti sul problema dell’integrazione delle tecnologie per la didattica nelle scuole.
Segue un riassunto delle tematiche introdotte dal professor Paolini e dei principali interventi degli insegnanti presenti.
La società attuale ha adottato le tecnologie cooperative in massa, col risultato che le relazioni professionali e quelle personali stanno cambiando. Email, teleconferenze, chat-rooms e fenomeni come comunità virtuali in mondi 3D, Wikipedia e YouTube stanno coinvolgendo milioni di persone. Se la scuola continua a ignorarli, si allontanerà sempre più dalla società.
Il motivo per cui la scuola non adotta le tecnologie cooperative è che la struttura in cui è organizzata non lo permette.
Le aziende si sono internazionalizzate, si sono costituite in filiere, sono costantemente in contatto con fornitori e clienti, sanno che cosa succede all’esterno; al loro interno non sono più organizzate in rigide strutture gerarchiche, ma in reti di nuclei operativi che collaborano tra loro.
La scuola italiana invece ha sostanzialmente mantenuto il modello di fine Ottocento: è una serie di microcosmi chiusi, isolati, autonomi, che ignorano quanto succede all’esterno non solo dell’edificio scolastico, ma anche della singola classe. Non esistono filiere (il passaggio dalla scuola all’università è estremamente brusco), non esiste collaborazione con altre scuole, né internazionalizzazione (i curricula sono estremamente nazionali).
La scuola non cambia perché non ne sente la necessità; non cambia finché non è costretta da modifiche legislative, ma i cambiamenti in questo senso rischiano di sanare in colpevole ritardo situazioni ormai degenerate, come spesso accade con interventi imposti dall’alto.
Adottare le tecnologie cooperative senza modificare la struttura scolastica non riduce il carico di lavoro degli insegnanti, ma lo aumenta: è loro richiesto di fare tutto ciò che dovevano fare prima, e in più di usare le tecnologie – uno sforzo ulteriore che rarissimamente viene loro riconosciuto.
Nell’attuale organizzazione scolastica, insegnanti e studenti si incontrano faccia a faccia diverse ore al giorno, e questo aspetto va valorizzato per il valore aggiunto che può offrire: è inutile usare le tecnologie cooperative in questi contesti; però si può imparare a che cosa servono, e poi usarle da casa.
La scuola dovrebbe usare le ore di presenza solo per attività che hanno bisogno della cooperazione faccia a faccia, e delegare il resto alle tecnologie cooperative.
Le tecnologie cooperative funzionano se sono personali, sempre disponibili, come avviene per il cellulare ad esempio: posso mandare un messaggio nell’esatto momento in cui mi viene in mente che cosa scrivere. Il laboratorio informatico invece, da prenotare e usare solo in un’ora precisa della settimana, è l’esatto opposto.
La società cambia quando inizia ad adottare in massa una tecnologia. Nella scuola questo non succede spontaneamente, e dotare tutti gli insegnanti e gli studenti di tecnologie avanzate è troppo costoso e rischioso.
Le tecnologie cooperative impongono esigenze organizzative pesanti per le scuole, soprattutto se si intende lavorare in un’ottica internazionale, dovendo coordinare gli sforzi con sistemi scolastici molto differenti.
Le tecnologie stanno diventando sempre più pervasive: domani la società sarà impensabile senza di esse. Che cosa succederà alle scuole? Negli USA già il 20% dei genitori (in gran parte di ceto sociale medio-alto) non manda più i figli a scuola, preferendo l’home-schooling.
In questo senso si evidenzia come non basti dotare la scuola di tecnologie: occorre integrarle in un progetto, fornire una motivazione per usarle e delle basi formative ai docenti che hanno poi il ruolo di guida all’interno delle classi.
La tecnologia, come le lingue straniere, non deve essere una materia a sé stante, ma un’abilità di supporto a tutte le altre materie. Invece dell’ora di tecnologia, si dovrebbe fare l’ora di matematica col computer. Invece dell’ora di inglese, la lezione di letteratura su Harry Potter (magari discutendo online con studenti stranieri).
Alcuni esperimenti oggi sono già possibili. Per esempio un insegnante di storia esperto di uno specifico argomento potrebbe tenere una “classe virtuale” su quell’argomento a livello nazionale; uno studente di un’altra scuola potrebbe seguire questo approfondimento online, ovviamente a patto che gli venga riconosciuto dalla propria scuola.
Per fornire il proprio contributo al miglioramento del sistema-scuola, e per fronteggiare le problematiche sopra evidenziate, il Politecnico di Milano ed il Laboratorio HOC nello specifico, con l’aiuto di una vivace comunità di insegnanti interessati ad approfondire questi temi e a proporre idee e esprimere esigenze, ha offerto e continuerà ad offrire attività innovative ed iniziative sperimentali nell’ambito delle tecnologie per la didattica.
Le foto della giornata sono disponibili sul sito: www.dol.polimi.it